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Il ritorno delle mutue a 40 anni dalla riforma sanitaria

Note Fp - 28/06/2019

Il ritorno delle mutue a 40 anni dalla riforma sanitaria

La Sanità integrativa e l’impoverimento del sistema universalistico pubblico

 

In materia di salute la riforma sanitaria del 1978 ha applicato concretamente il concetto di salute pubblica universalistica indicato dall’articolo 32 della Costituzione. Con quella fondamentale riforma si introdussero concetti fino ad allora semi-sconosciuti in tema di salute pubblica, dalla prevenzione alla cura-assistenza alla riabilitazione. Si superarono le mutue che creavano situazioni di disuguaglianza in relazione al reddito e al contratto di lavoro applicato. Chi aveva contratti forti vedeva riconoscersi certe prestazioni, per gli altri solo servizi residuali. E quelle mutue crearono voragini nei conti pubblici che doveva coprire la collettività.

A distanza di 40 anni la formula delle vecchie mutue viene per certi versi riproposta sotto una nuova veste, quella dell’assistenza sanitaria integrativa. Una forma che poco nulla ha di integrativo ma diventa sostitutiva al pubblico nella garanzia di accesso e cura al sistema sanitario. Esistono, infatti, compagnie assicurative e finanziarie che gestiscono i fondi dell’assistenza sanitaria nel vendere il loro prodotto raccontano che il Sistema Sanitario Nazionale non è più sostenibile, che milioni di persone non si curano.

A Treviso, come altrove nel Veneto, i problemi sono legati all’accesso alle cure, ai tempi di accesso alle prestazioni, alla qualità delle prestazioni che rischia di peggiorare sempre più senza risorse. Quelle risorse che si continuano a tagliare mentre si riduce il personale e si alimenta il “consumismo sanitario”.

Affermare però che migliaia di persone non si curano per problemi economici significa guardare allora solo una faccia del problema e non conoscere il meccanismo di funzionamento del nostro sistema sanitario: uno dei pochi ancora a garantire cure, farmaci e assistenza a chi non ha reddito proprio perché universalistico.

Lavorare sull’integrazione delle prestazioni non riconosciute nell’ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) è necessario e utile. Intervenire in tutte quelle situazioni dove i LEA non sono rispettati è doveroso, a partire dalle liste di attesa. Garantire le risorse necessarie a mantenere il nostro SSN come pensato nel ’78 è battaglia fondamentale. Incentivare, invece, i fondi di assistenza sanitaria, sempre meno integrativa e sempre più sostitutiva, è una colpa grave. Significa ancora non aver compreso fino in fondo cosa sta accadendo anche nel nostro Paese: un ritorno al passato dove chi ha i soldi o un lavoro può permettersi una Sanità di serie A e gli altri si arrangino.

 


Bernini Ivan
Segretario Generale FP CGIL TREVISO