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COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 06/08/2010

Le nuove regole fanno saltare il banco degli accordi sulle riorganizzazioni aziendali.
Scivolo pensionistico, intrappolati in cinquecento.
Nella Marca 200 lavoratori hanno già scelto l'uscita volontaria dal lavoro contando sulla vecchia normativa per arrivare in 36 mesi di ammortizzatori alla quiescenza. Ora rischiano fino ad un anno senza reddito. Per altri 300 l'opzione oggetto di trattativa diventa impraticabile.
Barbiero: "Così fallisce la strategia di rendere indolori le riduzioni di personale".

Sono cinquecento i lavoratori trevigiani che rischiano, per effetto delle nuove norme sulla previdenza, di rimanere intrappolati lungo il cosiddetto scivolo, il percorso che, attraverso un periodo di ammortizzatori sociali, dovrebbe portare alla pensione. Si tratta di 200 addetti, prevalentemente occupati nella grande impresa, che nell'ambito delle riorganizzazioni aziendali in corso nella Marca, hanno già compiuto la scelta di uscire volontariamente e con incentivi dal posto di lavoro e che sarebbe "transitati" alla pensione entro 36 mesi, dopo aver utilizzato gli ammortizzatori. Altri 300, inseriti in accordi aziendali stipulati negli ultimi otto mesi, dovrebbero trattare con i rispetti datori di lavoro un percorso similare, che a questo punto rischia di venire vanificato.

"Ma con le nuove norme in vigore dal 2011 - ha detto oggi Paolino Barbiero, segretario generale della Cgil provinciale di Treviso - questi ultimi non sono più nelle condizioni di percorrere questa strada, perché lo spostamento delle finestre di pensionamento li porterebbe ad avere un periodo oscillante fra i 4 e i 12 mesi senza reddito, prima di ottenere la quiescenza. Ben più grave è invece la situazione dei primi 200: hanno già effettuato a loro scelta, sulla base di quadro normativo preciso che ora il governo ha cambiato. C'è una violazione evidente, questi lavoratori sono stati letteralmente presi in giro, ora servono le deroghe".

La nuova disciplina, infatti, pur entrando a regime solo dal prossimo anno, riguarderà anche le persone che hanno già optato per l'uscita volontaria dal lavoro e sposta da 36 a 48 mesi il tempo utile per il pensionamento. "Abbiamo faticato a raggiungere accordi con le imprese per arrivare a riorganizzazioni indolori - ha proseguito il segretario generale della Camera del Lavoro trevigiana - proprio sfruttando gli scivoli. In questa maniera l'azione combinata degli ammortizzatori sociali e dei requisiti per la pensione avrebbe permesso, di fatto, di realizzare riduzioni delle soglie occupazionali minimizzando il danno sociale, garantendo agli interessati la difesa del reddito. Se il governo cambia le carte in tavola, tutte le trattative in atto dovranno essere completamente ridiscusse. Ma il vulnus causato ai 200 che hanno già optato per l'uscita volontaria è una offesa alla certezza del diritto e al buon senso".

"La politica trevigiana si muova - tuona Barbiero - si parla tanto di tutela del territorio e difesa degli interessi locali, la sostanza è che rispetto alle nuove disposizioni è prevista una deroga solo per 10 mila, quasi tutti lavoratori della grande impresa e prevalentemente concentrati al sud. Se deroga deve essere, deve valere per tutti i lavoratori che hanno fatto una scelta sulla base di un quadro normativo certo e che non possono vedere compromessa la loro situazione da decisioni successive e con effetto retroattivo. L'incertezza di diritto è una minaccia ai presupposti della legalità democratica. Per questo invito gli eletti in questo collegio nei due rami del parlamento, a cominciare dal ministro Sacconi, ad assumersi la responsabilità di portare questa situazione inaccettabile sotto i riflettori della discussione politica".

"Ora - ha concluso Barbiero - si tratta di verificare se gli slogan elettorali restano tali o se sono seguiti da una coerente azione politica. E' tempo di sfidare Zaia a dare un senso concreto a "Prima il Veneto" con cui ha preso anche i voti di tanti trevigiani".

Ufficio Stampa