Immagine di copertina

LETTERA AL DIRETTORE

Comunicati Segreteria - 23/04/2010

Gentile Direttore,
la data del 25 aprile compie 65 anni ma non è ancora tempo per la pensione.
Il significato della ricorrenza rimane infatti ancora attuale, perchè attualissima è la battaglia per la difesa dei valori di libertà e democrazia, nella società, nell'economia e nel lavoro, in un Paese come travolto dalla più grave crisi economica della storia repubblicana e vittima del tentativo eversivo di imporre una forma di autoritarismo dolce, una videocrazia che si impone tanto più aumenta, come sta succedendo oggi, la distanza fra cittadini e politica e diminuiscono gli spazi e l'interesse per la partecipazione democratica.

L'attualità del 25 aprile non risiede nella sua ritualità antifascista; il richiamo alla liberazione, venuta anche grazie alla lotta partigiana e di popolo contro i fascisti e gli occupanti nazisti, ha invece un senso in quanto rappresenta un appello ai valori fondanti e fondamentali che poi hanno trovato spazio in una costituzione ancora non completamente attuata, considerato che i principi della sua prima parte non hanno trovato una adeguata realizzazione nel sistema normativo.

Il richiamo al lavoro come valore portante della Repubblica, la tutela del lavoro stesso in tutte le sue forme e l'elevazione professionale dei lavoratori, il diritto alla retribuzione proporzionata alla quantità e qualità dell'occupazione e il ruolo della retribuzione come strumento per affermare la dignità e la libertà della persona sono evidentemente questioni attualissime, considerata non solo la crisi dell'occupazione ma anche il tentativo in atto di spostare verso il basso diritti e salario, il tentativo di allargare un precariato, sostituendo alla stabilità della l'idea inaccettabile del lavoro a cottimo, come anche la volontà di imporre pesanti controriforme, come nel caso del diritto del lavoro, spostando il favore del legislatore verso la parte più forte del rapporto e non,come sarebbe naturale e previsto dalla costituzione verso quella più debole.

Ugualmente attuale è il disposto dell'art 3, dove si parla di uguaglianza, dignità sociale, rispetto alla diversità di sesso, condizione economica, convinzione personali,; la rimozione degli ostacoli di natura economica all'uguaglianza sostanziale, la libertà di espressione, che è anche libertà di stampa sono le questioni con cui oggi l'Italia ha drammaticamente a che fare, così come la libertà della scuola e il ruolo democratico della scuola pubblica, il diritto e la libertà di sciopero.

La promozione di questi valori dovrebbe rappresentare un impegno del nostro sistema istituzionale, sociale ed economico, ma è invece ostacolata da un aperto atteggiamento di ostilità da parte di una cultura non solo conservatrice, quanto apertamente reazionaria che propugna una idea oligarchica del potere e dello Stato.

E' da qui che nasce il disimpegno istituzionale rispetto alla celebrazione del 25 aprile, che parte dall'indifferenza dichiarata e conclamata del Presidente del Consiglio alle sciocchezze del sindaco di Mogliano, che vorrebbe non far cantare "Bella Ciao".
Ogni democrazia celebra i suoi momenti fondanti: gli Stati Uniti, con la dichiarazione di indipendenza e la conclusione della guerra con gli inglesi, la Francia rispetto al quell'enorme evento globale che fu la Rivoluzione; la Spagna con la fine del Franchismo, la Grecia con la conclusione dell'esperienza della dittatura militare, il Portogallo con la festa che ricorda la Rivoluzione dei garofani.

Non si capisce perché invece proprio l'Italia, dove i concetti di democrazia, senso dello Stato Repubblicano e rispetto per le regole e le istituzioni avrebbero anzi bisogno di essere ancora maggiormente diffusi, il 25 Aprile non debba essere riconosciuto come festa autenticamente nazionale, unificante, fondante.
L'evidenza è una sola: da una parte ci sono i democratici, non importa di quale parte dello schieramento, dall'altra chi vagheggia, per il nostro futuro, nuove forme di autoritarismo e totalitarismo. Il 25 aprile serve a ricordarci tutto questo.

Paolino Barbiero, segretario generale Cgil provinciale Treviso