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COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 30/07/2010

Ricerca dell'Ufficio Studi della Cgil di Treviso.
Comuni, a picco la spesa procapite: solo 131 euro al welfare
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Enormi le differenze negli investimenti sul sociale tra le amministrazioni comunali della Marca.
Barbiero: "Troppe diseguaglianze nei diritti di cittadinanza". La proposta del segretario provinciale "Più ruolo alle Usl, accorpare i servizi dei piccoli centri.
Accentrare e razionalizzare i centri di erogazione di servizi socio-sanitari, valorizzando il ruolo della Usl nel territorio, e puntare all'accorpamento dei piccoli Comuni, almeno per quanto riguarda la gestione del welfare, per rendere più efficiente la spesa e garantire livelli uniformi di prestazioni su standard elevati.
Tutte cose necessarie ed urgenti, altrimenti il federalismo finirà per risultare, da occasione per il buon governo, a causa di profonde diseguaglianze persino all'interno di una stessa area geografica".

Lo ha detto oggi Paolino Barbiero, segretario generale della Camera del Lavoro di Treviso, commentando i risultati di una ricerca, realizzata dall'Ufficio Studi della Camera del lavoro di Treviso, che ha preso in esame la spesa pubblica per servizi procapite dei Comuni della Provincia di Treviso. Lo studio, che ha calcolato le spese correnti per servizi al cittadino tenendo conto dell'effetto dell'inflazione nel periodo 1998-2010, evidenzia come la spesa corrente procapite dei comuni della Marca sia diminuita di 125 euro per ogni abitante, passando dai 625 euro del 1998 ai circa 500 di oggi, con un picco, nel 2001 che aveva portato il livello a 650 euro.

A determinare il calo della spesa procapite in questi dodici anni sono stati, secondo la ricerca, molteplici fattori, tra cui il costante calo dei trasferimento dallo Stato centrale, che ha progressivamente ridotto la capacità di spesa degli enti locali, una progressiva e sensibile diminuzione delle gettito fiscale proprio e di quello derivante dalle addizionali, dalla mancata compensazione del gettito Ici e dalla diminuzione delle entrate per oneri di urbanizzazione. Tutti fattori che hanno inciso profondamente sui bilanci delle amministrazioni comunali, obbligando a forti tagli sulle uscite.
Secondo lo studio, il risultato di questa tendenza è una forte diseguaglianza fra cittadini della stessa area geografica rispetto all'esigibilità delle prestazioni, al loro costo e alla loro qualità. Differenze che diventano particolarmente evidente nell'ambito delle prestazioni di welfare, inteso come spesa per asili nido, scuola materna, assistenza scolastica (trasporto e refezione), servizi di prevenzione e riabilitazione, strutture residenziali e di ricovero per anziani, assistenza e servizi alla persona e edilizia residenziale pubblica.

I dati indicano una spesa media procapite per welfare, a livello provinciale, pari a 131 euro annui, il 24,7% della spesa procapite complessiva. Ma le differenze, tra i Comuni che impiegano più risorse nel sociale e quelli in cui invece la spesa per il welfare è quasi residuale, sono molto grandi: si passa infatti dai 68 euro procapite di Mareno di Piave ai 230 euro procapite investiti a Conegliano. A livello percentuale, chi investe meno è il Comune di Chiarano (14,4% della spesa procapite complessiva), chi investe di più è Conegliano con il 30,8%.

"I dati - ha spiegato Paolino Barbiero - ripuliti dalle differenze tra Comuni legati a particolari specificità socio-demografiche, portano alla conclusione per cui il sistema di welfare nella nostra provincia ha dei forti tratti di ineguaglianza, perché i diritti di cittadinanza non vengono garantiti allo stesso modo da Comune a Comune. E questo per le modalità con cui vengono erogati i servizi: ad esempio l'adozione non uniforme dei criteri Isee per determinare i beneficiari delle prestazioni, i differenti livelli di partecipazione alla spesa scolastica, le esenzioni alla spesa e la compartecipazione adottata con criteri non omogenei, disegnano una cartina geografica del sociale della Marca a macchia di leopardo. Senza dimenticare che una media di spesa procapite sociale pari a 131 euro è indubbiamente molto bassa".

"Servono - ha concluso Barbiero- livelli minimi di assistenza e prestazioni nel socio sanitario, che per quanto riguarda la sanità possono essere garantiti dalle Usl, finanziate dai Comuni, mentre per quanto riguarda le prestazioni sociali direttamente erogate dalle amministrazioni comunali, maggiore efficienza, contenimento delle uscite ma anche uguaglianza ed efficacia delle prestazioni di welfare si possono ottenere soltanto accorpando i Comuni più piccoli, se non attraverso la fusione di sicuro accentrando i servizi attraverso veri e propri distretti territoriali, come già sperimentato per alcuni servizi proprio in questa provincia o sul modello di quanto è stato fatto in provincia di Padova. Questa è la ricetta per uscire dal paradosso per cui qualità e investimenti nel welfare dipendono dalla ricchezza del territorio, mentre si penalizzano aree più povere e quindi probabilmente con maggiore richiesta di prestazioni sociali ".

Ufficio Stampa