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LETTERA AL DIRETTORE

Comunicati Segreteria - 07/02/2014

Oltre la crisi, il lavoro decide il futuro.
Gentile Direttore,
riforma delle pensioni, aumento del costo della vita, caos e inasprimento della pressione fiscale locale, disoccupazione incontrollabile, indebolimento degli ammortizzatori sociali e diffusa precarietà.
Uno scenario drammatico che pesa giorno dopo giorno sui lavoratori.
Lavoratori ai quali vengono chiesti sempre più sacrifici anche in termine di imposizione fiscale e di compartecipazione alla spesa pubblica, e ai quali un giorno viene detto loro che per risolvere i problemi dell'azienda dove lavorano bisogna rinunciare a una parte, consistente, del salario, e senza nemmeno una chiara prospettiva sul futuro.
La questione si chiama Electrolux e la proposta nasce dagli industriali di Pordenone.

E questa, dopo cinque anni, è la nuova fase della crisi vista dal suo interno, dal lavoro. La Politica, invece, guarda ancora da un'altra parte.
E con un parlamento che da una pessima immagine di sé, che doveva cambiare tutto e sembra lì per non cambiare nulla, e un Governo incapace di dare nuova direzione al Paese, il rischio tangibile che la misura sia colma, che non si riesca più a ragionare e a sperare, che si dia tutto per corrotto e definitivamente perso, è dietro l'angolo.

Il Sindacato, la Cgil, da canto suo il problema se l'è posto, e in modo anche molto serio, e ha elaborato il Piano del Lavoro che mira a costruire un'idea di Paese oltre la crisi, che contrariamente alle perverse proposte degli industriali friulani e all'inerzia delle Istituzioni, affronta la situazione nel merito e parte dal lavoro per risolvere l'emergenza e guardare con speranza al futuro. Rischi e soluzioni affrontati in questo primo mese dell'anno anche in ambito congressuale: il particolare, la vertenza Electrolux come tantissime altre, e il generale, il nostro territorio e il Paese, come sistema; nel tentativo di tracciare un percorso complesso che va verso la risoluzione dei tanti problemi da affrontare.

Perché i lavoratori non possono non arrivare a fine mese, perché la sopravvivenza di un'azienda, come di un territorio, non è legata a quanto meno rispetto ad oggi costerà il lavoro, ma a cosa si sarà capaci di produrre e con quale organizzazione.
Per ridare fiducia ai lavoratori, e ai veneti, anche rispetto alla stessa politica, bisogna parlare chiaro e ragionare di prospettive, con l'umiltà di spiegare alla nostra gente, che vive veramente la crisi, che si avanza per tappe. Ci vuole un progetto complessivo, un new-deal europeo, con il nostro Paese protagonista di scelte coerenti, per rilanciare il lavoro e ridistribuire ricchezza. E ci vuole una politica che guardi al Lavoro, che metta in piedi una strategia industriale anche locale, che proceda per norme e obiettivi, e che con i vari strumenti a disposizione, incentivi e intervenga direttamente nelle aziende in crisi.

Ci vogliono adeguate politiche fiscali, anche di stampo federalista, l'uso coordinato di ammortizzatori sociali e di forme di solidarietà di carattere espansivo che mirino alla creazione di buona occupazione. Solo partendo da queste basi sarà possibile liberarsi da una litigiosità politica speculativa e che non ha futuro, da quella politica più attenta al mero consenso popolare che alla bene delle collettività. Questa è la partita che anima anche il dibattito interno della Cgil, tutti comunque convinti che il lavoro decida il futuro.