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COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 03/02/2011

IL DATO: LO SCORSO ANNO 7.259 RECORD DI ESPULSI IN PROVINCIA. Mercato del lavoro, 2010 da record per licenziamenti.
Ripartono le espulsioni nelle grandi imprese.
Barbiero: "Recessione provinciale, redditi e attività economica ai livelli dei primi anni '90, la crisi brucia ricchezza a velocità doppia rispetto a come è stata creata"

Il 2010 si è chiuso con un numero record di licenziamenti e mobilità, che porta il saldo negativo tra entrate e uscite nel mercato del lavoro a livelli decisamente più bassi di quelli raggiunti durante la fase più acuta delle de-localizzazioni dal 2004 al 2006.
L'anno appena trascorso andrà infatti agli archivi come il peggiore, sul fronte dell'occupazione, dell'ultimo triennio, con 7.259 espulsi dal posto di lavoro, mettendo insieme le procedure che riguardano la mobilità nelle imprese medie e grandi e quelle nelle pmi, quest'ultime caratterizzate dall'assenza di veri strumenti di ammortizzazioni per chi perde il posto.

E' il dato che emerge da una ricerca condotta dall'Ufficio Studi della Cgil di Treviso, che ha preso in esame le dinamiche del mercato del lavoro, analizzando i dati relativi alle espulsioni nel triennio 2008-2010 e suddividendoli per procedura (grandi e medie imprese, piccole e artigiane), per sesso, per tipologia di impiego, per nazionalità (italiani o immigrati stranieri, comunitari ed extracomunitari insieme) e per categoria di appartenenza.

LICENZIAMENTI - Nel raffronto con i due anni precedenti, oltre al crescere complessivo delle fuoriuscite, lo studio evidenzia un trend preoccupante che riguarda le imprese più grandi, in cui le procedure di mobilità hanno portato, nel 2010, a 2.636 licenziamenti, contro i 1.917 del 2009 e i 1.456 del 2008. Un segnale, secondo l'analisi dell'Ufficio Studi della Cgil, che la crisi è, in provincia di Treviso, profonda e strutturale e non riguarda soltanto, come in una prima fase, le piccole imprese ma ha contagiato anche le realtà teoricamente più strutturate.
Riprende a crescere anche la percentuale di personale impiegatizio che perde l'occupazione: i licenziati restano, per la gran parte, soggetti occupati con mansioni operaie, ma i colletti bianchi espulsi, nel 2010, sono stati il 28,3% del totale nelle piccole imprese e il 27,4% nelle grandi, numeri in crescita rispetto al 2009 (25,4% nelle piccole e il 22,5% nelle grandi), anno che aveva fatto registrare una brusca inversione di tendenza nelle pmi dopo che, nel 2008, la percentuale di impiegati licenziati era stata il 40,4% del totale. Sempre più alto, sia per quanto riguarda i lavoratori in mobilità con indennità che quelli senza indennità, il numero di uomini (65,7% nelle imprese medio grandi, il 56,8% in quelle piccole). Ma è elevata la percentuale, sul totale, delle donne licenziate e senza indennità: sono il 43%.

I SETTORI - Record negativo dei licenziamenti nel 2010 per il comparto metalmeccanico, che secondo lo studio è quello a soffrire di più, concentrando il 36% dei licenziamenti totali e confermando così il trend del 2009. Subito dopo viene il settore legno-arredo e affini (cemento, laterizi) con il 27,39%, che precede la chimica, tessile e abbigliamento, con il 25%.

LICENZIATI ITALIANI E STANIERI - Si alza il numero di licenziamenti che hanno riguardato i lavoratori stranieri nelle piccole imprese, che passano dal 26% del totale nel 2008 al 31,1% del 2010, così come aumenta di quasi ben sette punti, la percentuale nelle grandi aziende, dal 10,9% del 2009 al 18,1% del totale nel 2010, che in valore assoluto risultano oltre duemila soggetti che per effetto della Bossi-Fini qualora non venissero ricollocate entro sei mesi dalla data del licenziamento diventerebbero clandestini.

L'ANALISI - "I motivi di preoccupazione rimangono tutti anzi si aggravano - ha spiegato Paolino Barbiero, segretario generale della Cgil provinciale di Treviso - come da noi previsto la crisi ha raggiunto il mercato del lavoro nel 2009 e dall'anno scorso ha cominciato a incidere in maniera rilevante sulla stabilità occupazionale, soprattutto per effetto di una forte selezione sulle imprese, esposte a crisi di mercato, flessione dei fatturati e a importanti esposizioni finanziarie in un quadro di crescente indisponibilità degli istituti bancari a reggere l'indebitamente strutturale.
La fisionomia della cassa integrazione in questo primo mese del 2011, soprattutto l'evoluzione della cassa integrazione straordinaria e le dinamiche della cassa in deroga, lasciano presagire non solo un'onda lunga di licenziamenti rispetto al 2010 (sono più di 5mila gli attuali cassaintegrati a zero ore con poche probabilità di rientrare nei cicli produttivi alla fine della Cig), ma un vero e proprio intensificarsi delle fuoriuscite (a gennaio 2011 infatti sono già 898 i licenziati dalle pmi, di cui 270 immigrati, e 411 dalle grandi, di cui 36 immigrati, per un totale di già 1.309 soggetti), in un panorama segnato da due situazioni molto definite: la diminuzione delle imprese in numero assoluto (al netto delle imprese individuali, che non generano flussi occupazionali degni di nota) e la tendenza, in particolare per quanto riguarda ai giovani, ad una difficoltà a trovare lavoro direttamente proporzionale a elevati livelli di istruzione e di qualificazione e formazione".
"Abbiamo di fronte - ha concluso Barbiero - l'immagine di una provincia non tanto ferma, quanto in vera e propria regressione. La Marca brucia Pil e reddito ad una velocità doppia rispetto a quella con cui questo e quello sono stati creati nelle fasi espansive. Per livello di attività economica, reddito medio disponibile e struttura del mercato del lavoro, Treviso e il suo territorio stanno scivolando alla situazione dei primi anni '90".

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