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COMUNICATO STAMPA

Comunicati Segreteria - 26/07/2010

Ricerca dell'Ufficio Studi della Cgil provinciale: ogni municipio incassa 550 euro per cittadino.
Entrate ai comuni, nella marca la media procapite più bassa in italia.

Record negativo a Casale (398 euro), il più ricco è Portobuffolè (1096 euro). Rischio qualità dei servizi ai cittadini.
Barbiero: "Non è sbagliato impegnare i sindaci nella lotta all'evasione".
E' il dato a cui giunge una ricerca dell'Ufficio Studi della Cgil di Treviso su elaborazione dei dati Nobel-Ires Cgil, che ha preso in esame l'andamento delle entrate verso le amministrazioni comunali (fiscalità sommata ai trasferimenti dallo Stato centrale) nel periodo compreso tra il 1998 e il 2010.

La stima della Camera del lavoro trevigiana assegna ai Comuni un introito medio, nell'anno in corso, di 550 euro procapite, 180 euro più basso della già modestissima media regionale veneta, che a sua volta è inferiore alla media nazionale.
All'interno della stessa provincia, secondo lo studio della Cgil, le situazioni sono molto differenziate, come risulta dall'ultimo consuntivo a disposizione (vedi grafico 1) mettendo a confronto la media procapite delle entrate correnti di tutti i Comuni del trevigiani con i 5 che registrano il valore procapite più alto (Conegliano, Segusino, Cison di Valmarino, Treviso e Portobuffolè) e i 5 con il valore procapite più basso (Casale sul Sile, Riese Pio X, Fonte, Castello di Godego, Mareno di Piave).

Si va infatti dai 368 euro procapite di Casale sul Sile ai 1.066 di Portobuffolè, passando per i 395 di Fonte e i 976 di Treviso.
La ricerca, nel calcolo, tiene conto degli effetti dell'inflazione e stima il gettito attuale sulla base dell'effetto di alcuni provvedimenti di politica fiscale e della crisi, che ha ad esempio ridotto in maniera sensibile il gettito derivante dall'addizionale comunale Irpef.
Introiti "Quello che si nota - hanno spiegato oggi Paolino Barbiero, segretario generale della Cgil provinciale di Treviso e Giacomo Vendrame, del Dipartimento Welfare della Camera del lavoro trevigiana - è un curva che descrive un progressivo calo. Non sorprende tanto la diminuzione rilevante del gettito avvenuta tra il 2001 e il 2005, quanto il calo avvenuto nel triennio 2005-2008 e il trend, sempre orientato alla diminuzione, degli ultimi due anni. Nella prima fase di flessione delle entrate, infatti, i Comuni hanno per così dire scontato gli effetti di processi di esternalizzazione dei servizi, che trasformando tasse e tributi in tariffe hanno non solo cambiato la natura del prelievo ma spostato il gettito dall'amministrazione pubblica in senso stretto ad altri soggetti, ad esempio i consorzi che si occupano della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Questa fase di esternalizzazione, ad un mancato gettito, ha ovviamente fatto corrispondere un minore fabbisogno in fatto di spesa. Rimane il punto di domanda legato a capire perché, nel passaggio da tassa o tributo a tariffa, i cittadini abbiano dovuto subire, nella maggior parte dei casi, in un aumento dei costi".

"Il secondo calo - hanno proseguito Barbiero e Vendrame - ha invece a che fare con gli effetti del ciclo economico e di alcuni provvedimenti assunti dal governo a partire dal 2008: ad esempio la mancata compensazione della totale cancellazione dell'Ici. Come anche la contrazione dei trasferimenti, le minori entrate per oneri di urbanizzazione, la frenata del gettito delle imposte territoriali a causa della crisi e la sensibile diminuzione dell'addizionale comunale Irpef, che cala per effetto della contrazione dei redditi e dell'occupazione dipendente".

"Lo studio - ha puntualizzato Vendrame - mette in evidenza come, di fronte ad una situazione che presenta, rispetto alla media provinciale, una forbice molto larga fra chi incassa meno e chi incassa di più, gli effetti di una ulteriore contrazione delle entrate avrà effetti molto diversi a seconda dell'amministrazione comunale. Il governo si muove lungo la linea dettata dalla presunzione che all'interno della macchina burocratica dei Comuni vi siano sprechi che possono essere eliminati. Ma detto che l'efficienza della macchina comunale rimane un obiettivo importante e condivisibile, il problema rimane perché quella degli sprechi è una assunzione non suffragata da dati oggettivi. La presunzione porta quindi al rischio per cui nei casi in cui gli sprechi siano già stati eliminati la continua riduzione delle entrate non potrà essere compensata con razionalizzazioni già effettuate ma porterà inesorabilmente ad una riduzione significativa della quantità e della qualità i servizi per i cittadini, a partire da quelli nel sociale".

"In questa condizione - ha concluso Barbiero - non si deve essere pregiudizialmente contrari al fatto che i Comuni vengano impegnati, nell'ambito delle loro possibilità, nella lotta all'evasione fiscale, se questa può rappresentare una entrata per gli enti locali.
E' infatti dall'incrocio delle banche dati a disposizione, e i Comuni hanno una buona rappresentazione della situazione effettiva dei loro cittadini, che si può arrivare ad evidenziare le differenze tra redditi dichiarati e reali tenori di vita e di consumo , che sono il primo segnale da cui dovrebbe partire l'allarme su una possibile evasione.
Lo dico ai tanti primi cittadini che si sono detti contrari: l'evasione fiscale si affronta e si vince attraverso tutti gli strumenti che possano farla diventare una cosa concreta e non solo una somma di affermazioni di principio. E se i Comuni possono dare un contributo, traendone un vantaggio economico, non vedo perché non valga la pena di fare una sperimentazione".

Ufficio Stampa